In un secolo in cui il mondo prevale sul Cielo, il basso sull’Alto, il corpo sull’Anima, la salute sulla Salvezza, l’«altro» sul Prossimo, il meschino sul sublime, la chiacchiera sulla Parola, il frammentario sull’Uno, i desideri sui valori, i diritti sui doveri, eccetera eccetera, non stupisce che l’obbrobrio ideologico-spettacolare trionfi sulla Bellezza, l’ideologia antiestetica sull’Arte (che è insieme un’offerta a, e una via verso, Dio).
L’Arte è una forma di elevazione dell’anima, la quale si avvicina a Dio nel momento in cui la «produce» e quando ne «fruisce». È un’azione di Grazia. Ognuno, ogni singolo essere umano, in quanto partecipe della natura divina, è chiamato a elevarsi e offrirsi a Dio attraverso l’Arte. Ognuno, non «tutti». Ognuno, non tutti.
In questa raccolta di testi, che per le ragioni ora accennate ho intitolato Contro l’Arte per tutti, prima Poe (1850), poi Baudelaire (1857), poi Mallarmé (1862) difendono una delle forme più elevate dell’Arte, la Poesia, dal pericolo della massificazione mortificante a cui stava portando (e porterà definitivamente) la Didattica «democratica». (Chetro De Carolis)