Tutto, in Il respiro del dolore, vive nell’intermittenza dominata da una direttrice intellettuale: la voce potente della morte. Voce della morte che non è, qui, un’ossessione ma piuttosto una misura di consapevolezza, nel rapporto e nel colloquio costante con l’ombra della cancellazione. E la meditazione sul morire ha, sia pure nell’ottica in sospensione del mistero, una sua attuazione del tutto particolare: è sostanza stessa della visione e del tessuto poetico. (Paolo Ruffilli)