La scrittura della Deledda lascia trasparire intonazioni vicine alla sapienza profetica dei salmi: “tu andrai ancora fuori di casa in compagnia dei tuoi sogni e te ne tornerai in compagnia del vento”. Un punto di forza risiede nell’uso di metafore impiegate con maestria tanto naturale quanto evocativa di echi primigeni, colti al sorgere del mondo, come se “il giorno e la notte si fossero di nuovo biblicamente mescolati”. Il profilo della natura è accordato in modo esplicito all’anima dei personaggi: “tutto era puro d’una purezza fredda quasi dura”. L’intento dell’autrice appare quello di evocare una melodia universale, come il “canto antico in una lingua antica”, di cui sia stato perso il ricordo: suono capace di condurre all’uomo “la voce di Dio”, disposta ancora a parlare agli esseri viventi. (Pierluigi Moressa)
