Al di là di ogni prudente ammirazione, la prima cosa da dire di questo Ombrello rosso è che è un libro che sembra scritto da un fantasma. La seconda, che non contraddice la prima, è che nella mente di chi l’ha scritto, Sarah Tardino, persiste il mondo del bambino che pronuncia il suo «Apriti sesamo». E questo, evidentemente, in grazia di quella meravigliosa o anzi geniale rabdomanzia intuitiva che spinge l’io poetante al lavoro nella propria più intima fucina a liquidare il Novecento tramite dei versi che sembrano come esumati da un passato arcanamente proteso verso un tempo altro: il prossimo, cioè il nostro di adulti, questo tempo qui dove tutto, in fondo, oggi come ab illo tempore e in futuro sta accadendo. (Massimo Morasso)