«La poesia che vado scrivendo è un testamento. (…) Nasce e respira nella violenza della morte, nella pietà estrema per la formica che non sa. (…) Non ho nulla da comunicare se non la morte imbastita di vita, la sagoma di una sartoria senza sfilata. Il frutto è acerbo quanto, anche, maturo, cade a terra e fa frittata o rotola nelle resine della resistenza. I versi mi percuotono la mente, mi fanno alzare dal letto per prendere un appunto. è un tormento che cambia e destina l’intera esistenza.» M. P.