«La maggior parte di questi miei ricordi è ambientata nel territorio riminese. È in quei luoghi, su quella costa e in quelle colline, che si è svolta la parte più gioiosa e libera della mia infanzia. Della straordinaria bellezza di Bologna allora non avevo coscienza e non ne potevo godere. [...]Ricordo Rimini come la città dei bambini, ce n'erano tanti e infiniti erano i giochi che praticavano per le strade e sulla spiaggia, senza nessun controllo da parte degli adulti e con pochissimi rischi. Le auto erano ancora oggetti rari, da cinema.
Perché scriverne? [...]Scrivo da poco tempo per mettere un po' d'ordine nell'esistenza. Per esempio, perché mi sia un po' meno estraneo quel bambino che sono stato, per mettere a fuoco quell'adolescente con poco giudizio che ero, così esposto al rischio di farsi plagiare, d'identificarsi coi trascinatori e talvolta d'imitarli, fino a perdere il contatto con quel che si andava costruendo all'interno di sé. Scrivo nella speranza che le nipotine, più dei figli, una volta cresciute, abbiano la curiosità di sapere com'erano i loro ascendenti e il paese dov'erano vissuti. Per questo scrivo della città, della campagna, di luoghi già scomparsi per sempre, inghiottiti dal frastuono, dalle puzze e dal cemento. Nell'oblio generale che ci circonda mi sento un privilegiato per aver funzionato come una cinepresa a beneficio della memoria, della famiglia e degli amici». Alberto Spadoni
