Proprio in questi giorni, dal 18 al 24 marzo, si sta svolgendo in Ecuador il Decimo Incontro Internazionale “Poesía en Paralelo Cero”. Anche noi siamo andati a vedere che cosa si dice e si fa della poesia laggiù, all’equatore. Sapremo ridirvi.
Il festival è organizzato dal Xavier Oquendo Troncoso, non uno sconosciuto per noi, che lo abbiamo già pubblicato nel 2016 con un libro in formato digitale e lingua originale, El fuego azul de los inviernos. Nato ad Ambato, Ecuador, nel 1972, Oquendo Troncoso è giornalista e professore di Lettere e Letteratura. È autore di dieci raccolte poetiche e numerose antologie, oltre che di un libro di racconti e di un romanzo per l’infanzia. È stato indicato tra i poeti più influenti della lingua castigliana in El canon abierto, antologia pubblicata dalla casa editrice spagnola Visor (40 poetas en español. 1965-1980). Nel gennaio scorso abbiamo dato alle stampe una sua antologia poetica dal titolo Le poesie che mi amano / Los poemas que me aman, nella traduzione di Emilio Coco, di cui riportiamo, qui a seguire, le prime dieci strofe di Manuale per chi aspetta / Manual para el que espera, del 2016.
Il festival è organizzato dal Xavier Oquendo Troncoso, non uno sconosciuto per noi, che lo abbiamo già pubblicato nel 2016 con un libro in formato digitale e lingua originale, El fuego azul de los inviernos. Nato ad Ambato, Ecuador, nel 1972, Oquendo Troncoso è giornalista e professore di Lettere e Letteratura. È autore di dieci raccolte poetiche e numerose antologie, oltre che di un libro di racconti e di un romanzo per l’infanzia. È stato indicato tra i poeti più influenti della lingua castigliana in El canon abierto, antologia pubblicata dalla casa editrice spagnola Visor (40 poetas en español. 1965-1980). Nel gennaio scorso abbiamo dato alle stampe una sua antologia poetica dal titolo Le poesie che mi amano / Los poemas que me aman, nella traduzione di Emilio Coco, di cui riportiamo, qui a seguire, le prime dieci strofe di Manuale per chi aspetta / Manual para el que espera, del 2016.
MANUAL PARA EL QUE ESPERA
Son tristes los ojos del hombre que espera
Luis Eduardo Aute
1
Soy la espera
corazón de andén,
para sostenerme en las estaciones
para alargar las entradas
en las puertas cerradas de las casas viejas.
2
Soy la espera
que se asienta en el campo,
en el viento que no se mueve
en las calles sonoras que no fluyen.
3
Soy una espera sólida
luego de haber sido una espera roída
caída
empedrada.
4
Soy la espera del agua
que no llega al mar sino evaporada
una lluvia lejana
que nadie la ve
que nadie la siente
ni el pez que espera
la migrante caminata salada
con su astucia de sofisticada ola.
5
Soy la espera blanda de la noche
que entra tras el delantal celoso del tiempo.
6
Estuve rondando unas cuantas cuadras de casas.
Estuve podando algunos corazones
algunas habitaciones repletas de algas azules
donde crecen los insomnios color hormiga.
7
Soy la espera del árbol
que no recuerda el tiempo de semilla
ni de raíz
ni de madera
ni de gusano de madera.
Ni ese piso de vieja casona que croa
que cruje
que llora.
Ni esa rama que cae
con el fruto pesado.
Ni esa ausencia de árbol podado.
Ni esta angustia de árbol poblado
ni esta ansiedad de árbol doblado
de árbol quemado
de fuego heraclitiano
de fuego robado al fuego primigenio
que espera al pensamiento
para que pueda verse luminoso.
8
La espera del árbol cazado.
La espera del árbol vencido
sometido a las fuerzas más protuberantes
de la vida de madera.
9
Soy el sol que espera
la debilidad de algún viento
que pueda adentrarse al corazón
de algún árbol receloso,
al que le da pena entrar
en este asunto adulto de la desesperanza.
10
Lo que espera tiene roca y azúcar.
Está siempre cerrando el paso
a esto que se atranca
en la mazmorra del silencio.
Tratta da Manual para el que espera, Ambato 2016
MANUALE PER CHI ASPETTA
Sono tristi gli occhi dell’uomo che aspetta
Luis Eduardo Aute
1
Sono l’attesa
cuore di banchina,
per sostenermi nelle stazioni
per prolungare le entrate
nelle porte chiuse delle case vecchie.
2
Sono l’attesa
che si insedia nella campagna,
nel vento che non si muove
nelle strade sonore che non scorrono.
3
Sono un’attesa solida
dopo essere stata un’attesa rosa
caduta
selciata.
4
Sono l’attesa dell’acqua
che arriva al mare soltanto evaporata
una pioggia lontana
che nessuno vede
che nessuno sente
nemmeno il pesce che aspetta
la migrante camminata salata
con la sua astuzia di sofisticata onda.
5
Sono l’attesa morbida della notte
che entra dietro il grembiule geloso del tempo.
6
Mi sono aggirato in alcuni isolati di case.
Sono rimasto a potare alcuni cuori
alcune stanze piene di alghe azzurre
dove crescono le insonnie color formica.
7
Sono l’attesa dell’albero
che non ricorda il tempo del seme
né della radice
né del legno
né del verme del legno.
Né quel pavimento di un vecchio casale che gracida
che scricchiola
che piange.
Né quel ramo che cade
con il frutto pesante.
Né quell’assenza di albero potato.
Né quest’angustia di albero popolato
né quest’ansia di albero piegato
di albero bruciato
di fuoco eracliteo
di fuoco rubato al fuoco primigenio
che aspetta il pensiero
perché possa vedersi luminoso.
8
L’attesa dell’albero cacciato.
L’attesa dell’albero vinto
sottomesso alle forze più protuberanti
della vita di legno.
9
Sono il sole che aspetta
la debolezza di qualche vento
che possa addentrarsi nel cuore
di qualche albero sospettoso,
a cui fa pena entrare
in questo argomento adulto della disperazione.
10
Ciò che aspetta ha roccia e zucchero.
Chiude sempre il passaggio
a ciò che si spranga
nella segreta del silenzio.
Traduzione di Emilio Coco
Sono tristi gli occhi dell’uomo che aspetta
Luis Eduardo Aute
1
Sono l’attesa
cuore di banchina,
per sostenermi nelle stazioni
per prolungare le entrate
nelle porte chiuse delle case vecchie.
2
Sono l’attesa
che si insedia nella campagna,
nel vento che non si muove
nelle strade sonore che non scorrono.
3
Sono un’attesa solida
dopo essere stata un’attesa rosa
caduta
selciata.
4
Sono l’attesa dell’acqua
che arriva al mare soltanto evaporata
una pioggia lontana
che nessuno vede
che nessuno sente
nemmeno il pesce che aspetta
la migrante camminata salata
con la sua astuzia di sofisticata onda.
5
Sono l’attesa morbida della notte
che entra dietro il grembiule geloso del tempo.
6
Mi sono aggirato in alcuni isolati di case.
Sono rimasto a potare alcuni cuori
alcune stanze piene di alghe azzurre
dove crescono le insonnie color formica.
7
Sono l’attesa dell’albero
che non ricorda il tempo del seme
né della radice
né del legno
né del verme del legno.
Né quel pavimento di un vecchio casale che gracida
che scricchiola
che piange.
Né quel ramo che cade
con il frutto pesante.
Né quell’assenza di albero potato.
Né quest’angustia di albero popolato
né quest’ansia di albero piegato
di albero bruciato
di fuoco eracliteo
di fuoco rubato al fuoco primigenio
che aspetta il pensiero
perché possa vedersi luminoso.
8
L’attesa dell’albero cacciato.
L’attesa dell’albero vinto
sottomesso alle forze più protuberanti
della vita di legno.
9
Sono il sole che aspetta
la debolezza di qualche vento
che possa addentrarsi nel cuore
di qualche albero sospettoso,
a cui fa pena entrare
in questo argomento adulto della disperazione.
10
Ciò che aspetta ha roccia e zucchero.
Chiude sempre il passaggio
a ciò che si spranga
nella segreta del silenzio.
Traduzione di Emilio Coco
Da: Xavier Oquendo Troncoso, Le poesie che mi amano / Los poemas que me aman. Poesie 1990-2017,
traduzione di Emilio Coco, Raffaelli 2018.
traduzione di Emilio Coco, Raffaelli 2018.