L’autrice che presentiamo oggi è giovanissima e si chiama Irene Paganucci. Classe 1988, vive a Lucca e si è laureata a Pisa in Sociologia e politiche sociali. Nel 2013 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie dal titolo Di questo legno storto che sono io (Marco Saya Edizioni). Nel 2016 ha vinto il Premio Rimini per la poesia giovane con Mentre si mettono a posto le cose, da noi in seguito pubblicato. A proposito di questa seconda raccolta, Chandra Livia Candiani ha scritto: «C’è un pudore delicatissimo in queste poesie, un pudore metodologico». Eccone un assaggio.
Mi piace fingermi morta, restare
nel letto, le mani
sul petto, sentire
gli altri che ridono al piano di sotto.
Mi è rimasto un dolore tra i denti,
un dolore verde prezzemolo.
Lo tocco con la lingua per tentare
un’ablazione, mi si nota
quando rido: c’è come un’orma – come
un’ombra – e mai nessuno
che me lo viene a dire, che poi mi offre
uno stuzzicadenti.
È previsto, pertanto,
che faccio finta – che
recito – che è faccenda
di poco conto, errore
trascurabile, il mio:
apparecchiare per
quattro quando siamo in
tre (testimoni noi
e i piatti e i bicchieri e
le posate tutte);
che non è vero, in fondo,
che è successo qualcosa
di miracoloso: che ti sei fatta
viva.
Eppure
ci dev’essere un modo:
pianterò un cespuglio di rose
all’inizio del mio filare
per salvare la vite dal male
per salvare la vita dal male.
Da: Irene Paganucci, Mentre si mettono a posto le cose, Raffaelli Editore 2016