È stato presentato ieri (1° dicembre) presso "Lo Spazio" di Pistoia il libro Figure dell'abbandono di Roberto Carifi da noi appena pubblicato. Roberto Carifi è nato a Pistoia nel 1948. è una delle voci più significative della poesia italiana contemporanea. È anche autore di saggi letterari, testi filosofici e racconti. Ha tradotto importanti opere dal francese e dal tedesco. Qui di seguito, alcune poesie della raccolta. (W.R.)
ABBANDONATO
L’abbandono è quando diventa un figlio sgangherato
fa quello che deve fare, morire quando è destinato
con una seggiola a rotelle va per un abisso
il falco prende il volo e logora il suo viso.
L’abbandono è per sempre
fu visto sfiorire un arbusto
andare sotto terra
e lì si perse,
gladiolo abbandonato
andasti in burrone
e qui si persero le tue tracce,
anche di me non c’è più traccia
cenere, viso di cenere
di me che ho bisogno di morire.
Si aprono finestre marmate,
tristezza di queste ossa,
mi gelano le ginocchia
e salgo fino in soffitta,
negli antri più cupi
chiedo perdono
perché non può esistere
che del male.
La tramontana già ondeggia
quando si vede il mare in burrasca,
i pesci sono i primi a lasciarsi annegare,
i lampi tuonano e finiscono nelle maree abissali,
terre di vermi e locuste prima che vadano in cielo,
perché gli animali andranno nel Nirvana o il cielo,
anch’io mi tramuto in animale
e sarò salvo.
Sarò per sempre in fuga
quando salirò in cielo
tornerò abbandonato
sui miei tristi passi,
attenderò la mia ora.
Chi è questa topaia
dove io non sono più niente,
solo la topaia
piena di topi.
La mia casa è colma di sventure
abissi, le grondaie sotto la pioggia
io sepolto sotto la morte,
l’uccello rapace addosso ai ramarri
madre, madre, la mia stamberga
è la memoria, uccelli del cielo,
sbranato dai cani.
L’abbandono è quando diventa un figlio sgangherato
fa quello che deve fare, morire quando è destinato
con una seggiola a rotelle va per un abisso
il falco prende il volo e logora il suo viso.
L’abbandono è per sempre
fu visto sfiorire un arbusto
andare sotto terra
e lì si perse,
gladiolo abbandonato
andasti in burrone
e qui si persero le tue tracce,
anche di me non c’è più traccia
cenere, viso di cenere
di me che ho bisogno di morire.
Si aprono finestre marmate,
tristezza di queste ossa,
mi gelano le ginocchia
e salgo fino in soffitta,
negli antri più cupi
chiedo perdono
perché non può esistere
che del male.
La tramontana già ondeggia
quando si vede il mare in burrasca,
i pesci sono i primi a lasciarsi annegare,
i lampi tuonano e finiscono nelle maree abissali,
terre di vermi e locuste prima che vadano in cielo,
perché gli animali andranno nel Nirvana o il cielo,
anch’io mi tramuto in animale
e sarò salvo.
Sarò per sempre in fuga
quando salirò in cielo
tornerò abbandonato
sui miei tristi passi,
attenderò la mia ora.
Chi è questa topaia
dove io non sono più niente,
solo la topaia
piena di topi.
La mia casa è colma di sventure
abissi, le grondaie sotto la pioggia
io sepolto sotto la morte,
l’uccello rapace addosso ai ramarri
madre, madre, la mia stamberga
è la memoria, uccelli del cielo,
sbranato dai cani.