Fra i cento poeti accorsi a febbraio al Festival Internazionale di Poesia di Managua, in Nicaragua, c’era anche lei: Gioconda Belli. Di origine italiana, ma nata a Managua il 9 dicembre 1948, dopo la laurea in giornalismo, nel 1970 entrò a far parte del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, per il quale curò le relazioni internazionali ricoprendo anche alcune cariche politiche. Oggi è scrittrice a tempo pieno. Il suo primo romanzo, La Mujer Habitada, vinse il Premio come miglior Romanzo Politico dell’Anno in Germania nel 1989. Ma Gioconda Belli è anche autrice di varie raccolte poetiche. Per la sua poesia ha ricevuto il Premio Casa de las Américas, il Mariano Fiallos Fil, il Generación del 27 e il Ciudad de Melilla. A breve pubblicheremo una sua piccola antologia poetica tradotta per noi da Emilio Coco dal titolo Gioco. Giocare. Gioconda. Qui di seguito un’anticipazione.
CALMA
Calma.
Permití que tus manos
encuentren sus reptiles ancestros
para que se deslicen
como serpientes
por la profunda espesura de mi pelo.
La cúpula de mi templo
es el ámbito que encierra
la sacrosanta arca de la alianza.
Mis orejas, los minaretes
para los cánticos más húmedos
de tu lengua.
Invertí el orden
de arriba abajo
hacé tu camino de ladrón
descendiendo desde la bóveda
colgado de la más larga de mis pestañas.
En el tobogán del cuello
deslízate como el sabio que busca inútilmente
la cuadratura del círculo
y lanzado fuera de vos mismo
recorré el valle tenso
que yace entre mis dos pechos
En el cenote de mi ombligo
depositá un beso mercurial
que se enrede por los laberintos hondos
por los que se llega a la misma memoria
del vientre de mi madre
De allí en adelante
déjate guiar por la locura
por la avaricia de tu paladar
por tu vocación de explorador
en busca del Centro de la Tierra
Sé el minero que a tientas
descubre las vetas de sal
que el mar olvidó en las cuevas femeninas
donde la vida tiene su refugio.
Aférrate a la húmeda rosa de los vientos
más poderosa que los huracanes del Caribe
o los maremotos del Pacífico
Calmá tu sed y tus furias en mí
en el fondo de musgo y algas
que gimiendo te devuelve
a la breve, eterna seguridad
del paraíso perdido.
CALMA
Calma.
Permetti che le tue mani
incontrino i loro antichi rettili
perché scivolino
come serpenti
nella profonda foltezza dei miei capelli.
La cupola del mio tempio
è l’ambito che racchiude
la sacrosanta arca dell’alleanza.
Le mie orecchie, i minareti
per i cantici più umidi
della tua lingua.
Inverti l’ordine
dall’alto verso il basso
fai la tua strada di ladrone
scendendo dalla volta
appeso alla più lunga delle mie ciglia.
Sullo scivolo del collo
sdrucciola come il saggio che cerca inutilmente
la quadratura del cerchio
e lanciato fuori di te stesso
percorri la valle tesa
che giace tra i miei due seni
Nella sorgente del mio ombelico
deposita un bacio mercuriale
che s’ingarbugli nei labirinti profondi
per dove si arriva alla stessa memoria
del ventre di mia madre
Da lì in poi
lasciati guidare dalla follia
dall’avarizia del tuo palato
dalla tua vocazione di esploratore
in cerca del Centro della Terra
Sii il minatore che tentoni
scopre le venature del sale
che il mare dimenticò negli antri femminili
dove la vita ha il suo rifugio.
Afferrati all’umida rosa dei venti
più potente degli uragani dei Caraibi
o dei maremoti del Pacifico
Calma la tua sete e le tue furie in me
nel profondo del muschio e delle alghe
che gemendo ti restituisce
alla breve, eterna sicurezza
del paradiso perduto.
Da: Gioconda Belli, Gioco. Giocare. Gioconda, Traduzione di E. Coco, Raffaelli 2018.