Wiel Kusters (Spekholzerheide, 1947) esordisce come poeta nel 1978 con la raccolta Een oor aan de grond (Un orecchio a terra), a cui ne seguiranno molte altre nei decenni successivi. Per molti anni professore di letteratura neerlandese all’Università di Maastricht, è autore, tra le altre cose, dell’opera di saggistica letteraria In en onder het dorp (Nel paese e al di sotto), in cui ripensa in chiave autobiografica la vicenda mineraria del Limburgo, dalle origini intorno al 1900 fino alla chiusura delle ultime miniere nel 1974. Conosciuto proprio come il poeta che ha dato voce alla memoria delle miniere e dei minatori del Limburgo olandese, ha pubblicato per la nostra casa editrice, lo scorso aprile, la raccolta poetica Carbone notata, edizione bilingue curata da Marco Prandoni e tradotta dallo stesso Prandoni insieme con Franco Paris. In apertura alla sua densa prefazione Herman van der Heide scive: «La memoria ha dentro di sé il tempo e la poesia è una ricerca dell’origine che non è mai data. L’origine della parola ha sempre un “prima della nascita” che è recuperabile solo attraverso i sogni e i ricordi. Così la miniera diventa per Kusters il suo “porto sepolto” ».
ONDIEP
Zij groeven mij een ondiep graf
om uit te groeien, omhoog, omlaag,
met takken en wortels en breedte
boven en onder de grond.
Laat het voorjaar maar komen,
spotte de vorst. En ik stond
nog maar net of iedere tak was bedekt
met een dun laagje sneeuw.
Drie houten paaltjes stutten mijn magerte,
mijn verlangen naar wortels en hoger bedrog,
een paar tortels.
NON-PROFONDO
Mi hanno scavato una fossa non profonda
per espandermi, in alto, in basso,
con rami e radici e larghezza
sopra e sotto il suolo.
Lascia che venga la primavera,
derideva il gelo. E nemmeno il tempo
di star lì che ogni ramo era ricoperto
di un sottile strato di neve.
Tre paletti di legno puntellavano la mia magrezza,
il mio desiderio di radici e di un inganno più alto,
un paio di tortore.
Mi hanno scavato una fossa non profonda
per espandermi, in alto, in basso,
con rami e radici e larghezza
sopra e sotto il suolo.
Lascia che venga la primavera,
derideva il gelo. E nemmeno il tempo
di star lì che ogni ramo era ricoperto
di un sottile strato di neve.
Tre paletti di legno puntellavano la mia magrezza,
il mio desiderio di radici e di un inganno più alto,
un paio di tortore.
Ik heb de zegelboom
aan het hart gedrukt
jij kwam thuis met fonkelende stenen
een mythe die geen woorden nodig had
Ho stretto al cuore
la sigillaria
tu tornavi a casa con pietre sfavillanti
un mito senza bisogno di parole
la sigillaria
tu tornavi a casa con pietre sfavillanti
un mito senza bisogno di parole
HOHNER
In een la van de keukenkast
lagen de sigaretten van mijn vader
een boekje over eerste hulp bij ongelukken
(een man is uit voorzorg op een plank gaan staan
en trekt met een wandelstok
de elektrische draad
van het lichaam van de geëlektrocuteerde ander)
een alarmpistool
veel dat mij is ontschoten
en een mondharmonica van het merk
Hohner – The Echo Harp.
Op het doosje een berglandschap
een houten huis
rook uit de schoorsteen
en op de voorgrond een man
die een pad bewandelt
naar ons toe.
Mijn broer bespeelde The Echo Harp
La Paloma
of schoot met het pistool
wanneer hij niet tekende, schaakte, las
of al het andere deed waar hij
goed in was.
Nooit kwam ik tot muziek
op zijn Hohner
nooit tot iets anders dan een sireneachtig
in en uit van adem
wel proef ik het hout
ruik daarvan de wat zoete geur
wanneer het vochtig wordt
van mijn speeksel
voel hoe mijn mond
dorstig wordt en droog.
Het is geen muziek
waarmee mijn broer nu
uit het gebergte van zijn dood
nader treedt
het is een ademen
een ademen alleen
in en in
en een janken
zoals vroeger nooit
door hem
geuit.
HOHNER
In un cassetto dell’armadio della cucina
c’erano le sigarette di mio padre
un libretto sul pronto soccorso in caso di incidenti
(un uomo per precauzione è andato a stare su una tavola
e tira con un bastone da passeggio
il filo elettrico
del corpo dell’altro fulminato)
una pistola scacciacani
molto che mi è sfuggito
e un’armonica a bocca marca
Hohner – The Echo Harp.
Sull’astuccio un paesaggio montano
una casetta di legno
col fumo dal comignolo
e in primo piano un uomo
che percorre un sentiero
verso di noi.
Mio fratello suonava con The Echo Harp
La Paloma
o sparava con la pistola
quando non disegnava, giocava a scacchi, leggeva
o faceva tutte le altre cose
in cui era bravo.
Mai mi usciva musica
dalla sua Hohner
mai qualcosa di diverso da un respiro che entrava e usciva
a mo’ di sirena
però assaporo il legno
ne sento l’odore dolciastro
quando è inumidito
dalla mia saliva
mi sento la bocca
farsi assetata e asciutta.
Questa non è musica
con cui ora mio fratello
dal massiccio della sua morte
incomba
è un respirare
un inspirare solo
in e in
e un gemito
come mai
da lui emesso
prima.
In un cassetto dell’armadio della cucina
c’erano le sigarette di mio padre
un libretto sul pronto soccorso in caso di incidenti
(un uomo per precauzione è andato a stare su una tavola
e tira con un bastone da passeggio
il filo elettrico
del corpo dell’altro fulminato)
una pistola scacciacani
molto che mi è sfuggito
e un’armonica a bocca marca
Hohner – The Echo Harp.
Sull’astuccio un paesaggio montano
una casetta di legno
col fumo dal comignolo
e in primo piano un uomo
che percorre un sentiero
verso di noi.
Mio fratello suonava con The Echo Harp
La Paloma
o sparava con la pistola
quando non disegnava, giocava a scacchi, leggeva
o faceva tutte le altre cose
in cui era bravo.
Mai mi usciva musica
dalla sua Hohner
mai qualcosa di diverso da un respiro che entrava e usciva
a mo’ di sirena
però assaporo il legno
ne sento l’odore dolciastro
quando è inumidito
dalla mia saliva
mi sento la bocca
farsi assetata e asciutta.
Questa non è musica
con cui ora mio fratello
dal massiccio della sua morte
incomba
è un respirare
un inspirare solo
in e in
e un gemito
come mai
da lui emesso
prima.
Da: Wiel Kusters, Carbone notata, a cura di M. Prandoni, traduzione di F. Paris e M. Prandoni, introduzione H. van der Heide, Raffaelli 2019.