«Nessun poeta italiano, abita quanto Massimo Morasso in prossimità delle voci che l'hanno nutrito e formato, persino ossessionato negli anni. [...] Rilke, Yeats, Yvan Goll, Cristina Campo, sono voci con cui Morasso rimanda profonde consonanze e apre un mondo di maschere, attraverso le quali fingere un mondo di mancanze e l'astrazione di un'assenza. Costituiranno degli exempla, saranno gli ospiti dell'interna confederazione dell'io. [...] Eternità e svanimento di S. e tentativi di adesione alla sfera paterna propongono invece un Morasso minimale, rimandano alla facies del dolore, mantenendo un dialogo ininterrotto fra visibile e invisibile.» Mauro Ferrari