Amalia Guglielminetti (Torino 1881-1941) nel 1907 pubblicò la sua seconda raccolta di poesie intitolata Le vergini folli, dove l’educazione ricevuta in un istituto religioso femminile si rivela apertamente insieme a quei temi che saranno dominanti nei successivi lavori. Grazie a quel libro la Guglielminetti conobbe Guido Gozzano (1883-1916), con il quale iniziò una breve ma intensa storia d’amore. Dalla loro relazione, che il poeta vede in una dimensione “tutta letteraria, tutta scritta e cerebrale” e che Amalia invece stenta a non cercare di trasformare in una solida relazione amorosa, nacque, nel 1909, la raccolta poetica Le seduzioni, dove a una più determinata “avidità di vivere” si mescola un’amara rinuncia all’amore sognato, al quale comunque lei sa andare oltre, collocandosi con autorevolezza nella storia letteraria italiana del suo tempo. D’Annunzio la definirà “l’unica vera poetessa che abbia oggi l’Italia”, mentre lo stesso Gozzano a proposito di Le seduzioni scrisse che: «[...] è quanto di meglio abbia prodotto da vari secoli a questa parte la lirica femminile italiana. Per trovare sorelle d’arte Amalia Guglielminetti deve risalire al Rinascimento, alle rimatrici eleganti di quei giorni felici. [...] Ella ha ciò che pochi uomini hanno e nessuna donna (o quasi) possiede: il buon gusto, il vero buon gusto che la conduce sicura alle più elette eleganze salvandola ad un tempo da orpelli dannunziani e da leziosaggini pascoliane. [...] Attraverso queste “Seduzioni”, terzine e sonetti trattati spesso alla perfezione, tutta un’anima si rivela, audacissima anima di pagana e di sensoriale che si confessa e quasi gode delle sue confessioni. Tutto ciò che può far buona la vita ad una donna giovane e bella, viene esaltato in queste pagine armoniose. La giovinezza, la primavera, il desiderio, la menzogna, l’avidità di vivere, l’amore, tutto è cantato dall’autrice; tutto tenta la sua anima voluttuaria...».
Amalia Guglielminetti scriverà in seguito altre raccolte poetiche, importanti testi per il teatro e romanzi più o meno osteggiati perché considerati “disgregatori di una morale costituita”. A lungo perciò snobbata dalla critica maschilista ufficiale –dal 1941 al 1959 nessuna sua opera fu ristampata– l’autrice, invece, ci appare oggi davvero “destinata a lasciare un’orma profonda nella letteratura italiana” non solo al femminile e non solo del primo Novecento, ma anche nei nostri cuori contemporanei. (W. R.)