«1942-1975. Questo è il tempo, il lungo tempo del silenzio del poeta Nino Pedretti: dalla più antica tra le sue poesie, Tarbola, all’esplosione di Al vòusi, nell’«abbaiante dialetto» del suo paese. Un’emergenza che poi avrà il suo vertice – per intensità editoriale – poco oltre. Tre donne, Gli uomini sono strade, Te fugh de mi paèis, saranno infatti tutti a stampa nel ’77 (agosto, ottobre, dicembre, i rispettivi mesi). Entro la propulsione della scelta dialettale, in quel profondo ritrovare le origini e le voci di una umanità di pena, e tra le trame ardue dell’esercizio di traduzione, si attesta appunto qui, in questo tempo che sta consumandosi e facendosi breve, l’unica evenienza della poesia in lingua, vivente l’autore. Eppure per lunghi anni l’officina della scrittura era stata solo questa, con talento e coraggio, con risentita indipendenza e ferma, irrevocabile vocazione. Ma evidentemente per Nino mancava qualcosa. Qualcosa che lo assicurasse, per sé principalmente, d’aver toccato la soglia di una parola definitiva, di una poesia che non solamente dovesse «significare, ma essere», secondo la formula di MacLeish, e proprio entro la più vischiosa delle sue possibilità di dire che appunto è data dalla lingua d’uso, anche quando altamente letteraria e cosciente, e vasta nelle sue declinazioni, per altre lingue.» Tiziana Mattioli