Renato Serra (Cesena, 5 dicembre 1884 – Monte Podgora, 20 luglio 1915). Laureatosi in lettere nel 1904 a Bologna, insegnò a Cesena nella Scuola normale femminile e, dal 1909, fu direttore della Biblioteca Malatestiana. Esordì con saggi relativi a scrittori legati all’ambiente romagnolo (Pascoli, Panzini, Beltramelli, Oriani) che presentano già le caratteristiche della sua critica, attenta, sull’esempio di Carducci, agli elementi tecnici dell’arte, allo stile, e insieme mirante, al modo di Sainte-Beuve, a disegnare attraverso di essi il ritratto psicologico dei singoli autori; ma d’altro lato portata, per influsso delle dottrine crociane e per sollecitazione delle esperienze del frammentismo, a isolare i passi o momenti di un’opera nei quali la poesia sembri vibrare allo stato puro (donde la sua grande fortuna presso gli scrittori della Voce e quelli più giovani fino agli ermetici). Una critica che, anche quando tenta la delineazione storica, il quadro d’insieme, si configura come confessione e testimonianza (Le lettere, 1914). Nel marzo 1915, in piena guerra, scrisse uno dei capolavori della letteratura italiana del Novecento: l’Esame di coscienza di un letterato. Richiamato alle armi giunse al fronte il 5 luglio, ancora sofferente per i postumi di un grave incidente automobilistico, combatté col proprio reparto nel settore del Podgora, presso Gorizia, partecipando alla Seconda e alla Terza battaglia dell'Isonzo. Nel corso di quest’ultima rimase ucciso. Solo pochi mesi prima aveva scritto che «La guerra è un fatto, come tanti altri in questo mondo; è enorme, ma è quello solo; accanto agli altri, che sono stati e che saranno: non vi aggiunge; non vi toglie nulla. Non cambia nulla, assolutamente nulla, nel mondo. Neanche la letteratura.»